Che nel Regno delle Due Sicilie non ci fosse nulla da rubare perché povero è un falso che vuole coprire un furto clamoroso. Gli unici a trarre beneficio dall'aggressione perpetrata contro il Regno Borbonico furono la famiglia dei Savoia, allora in bancarotta, e i loro lacchè. La popolazione fu umiliata e sottomessa con la prepotenza; così, purtroppo, nacque l'Unità d'Italia.
Nel 1860, sia il Banco di Sicilia che la Banco di Napoli (all'epoca ancora separate e con funzioni simili a quelle di banche centrali per i rispettivi regni) possedevano effettivamente riserve d'oro e argento, sebbene la loro entità sia oggetto di dibattito tra gli storici.
Contesto storico
All'epoca, il Regno delle Due Sicilie aveva un sistema bancario basato su due istituti principali:
- Banco di Sicilia – Operava soprattutto in Sicilia e aveva riserve in metalli preziosi.
- Banco di Napoli – Il più grande e influente, con funzioni di emissione di moneta e gestione delle finanze borboniche.
Entrambi gli istituti erano responsabili della circolazione monetaria e detenevano riserve di metalli preziosi a garanzia delle emissioni di carta moneta.
Le accuse di assenza di oro
Alcuni testi sostengono che nel 1860, al momento dell'unificazione italiana, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia fossero privi di oro. Questa tesi, però, è controversa e in contrasto con diverse fonti storiche.
Dati sulle riserve
- Secondo alcune ricerche, nel 1860 le casse del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia contenevano tra i 50 e i 60 milioni di ducati in oro e argento.
- Alcuni documenti dell'epoca (come quelli riportati da Francesco Saverio Nitti) indicano che il Regno delle Due Sicilie aveva una delle riserve auree più consistenti d'Europa.
- Dopo l'annessione al Regno d'Italia, si discusse molto sulla destinazione di queste riserve, con accuse di un loro trasferimento verso il Nord Italia.
Possibile dispersione
- Alcuni storici ipotizzano che parte delle riserve fosse già stata spostata o utilizzata prima dell'arrivo di Garibaldi.
- C'è chi sostiene che l’oro e l’argento delle Due Sicilie furono trasferiti nel neonato Regno d'Italia, contribuendo alla formazione della Banca Nazionale (poi Banca d’Italia).
Conclusione
Non è corretto affermare che nel 1860 il Banco di Sicilia e il Banco di Napoli non avessero oro. I documenti storici suggeriscono che entrambi avessero riserve auree e argentee consistenti, sebbene il loro destino sia stato controverso dopo l'Unità d'Italia.
Fonti:
Nel 1860, sia il Banco di Napoli che il Banco di Sicilia possedevano riserve significative di metalli preziosi, contrariamente a quanto sostenuto da alcune fonti.
Riserve del Banco di Napoli
Il patrimonio del Banco di Napoli rimase stabile dal 1815 al 1860, attestandosi attorno ai 9 milioni di lire. Tuttavia, dopo l'unificazione italiana, le riserve auree del Banco subirono una drastica riduzione, passando da 78 a 41 milioni entro la metà del 1863. Questo calo è attribuibile al trasferimento di fondi verso la Banca Nazionale, utilizzati per finanziare l'industria settentrionale in crisi. indygesto.com+1Log in or sign up to view+1I Nuovi VespriIschia Press+1I Nuovi Vespri+1
Riserve del Banco di Sicilia
Nel 1860, le riserve auree riempivano oltre misura i depositi dei Banchi di Sicilia. Tuttavia, durante la spedizione dei Mille, Garibaldi depredò prima il Banco di Sicilia e poi il Banco di Napoli. Alta Terra di Lavoro+1Wikipedia, l'enciclopedia libera+1
Analisi di Francesco Saverio Nitti
L'economista Francesco Saverio Nitti, nel suo saggio "Nord e Sud", evidenziò che al momento dell'introduzione della lira, nel Regno delle Due Sicilie furono ritirate 443,3 milioni di monete di vario conio, di cui 424 milioni d'argento, pari al 65,7% di tutte le monete circolanti nella penisola. Questo dato sottolinea la solidità finanziaria del Regno delle Due Sicilie prima dell'unificazione.Wikipedia, l'enciclopedia libera+1Wikipedia, l'enciclopedia libera+1Wikipedia, l'enciclopedia libera
In conclusione, le evidenze storiche indicano che nel 1860 sia il Banco di Napoli che il Banco di Sicilia disponevano di consistenti riserve auree e argentee. La successiva diminuzione di queste riserve è attribuibile a trasferimenti verso istituti del nord Italia e all'utilizzo per finanziare l'industria settentrionale post-unificazione.Ischia Press
Il sistema monetario del Regno delle Due Sicilie
A seguito dell'unificazione dei Regni di Napoli e di Sicilia nel Regno delle Due Sicilie, Ferdinando I di Borbone, con la legge del 20 aprile 1818 n. 1176, emanò direttive che uniformarono il sistema monetario nei territori continentali e insulari dello Stato.
Questa normativa introdusse modifiche essenziali per ottenere una monetazione decimale e, nel contempo, soppresse il rapporto legale di cambio tra le monete coniate nei tre metalli (oro, argento e rame), basando l’intero sistema su un monometallismo argenteo puro. Tale riforma fu definita da Lorenzo Bianchini, nella sua Storia delle Finanze del Regno di Napoli, come «la prima migliore legge che su tale obbietto si facesse in Europa, talché venne ovunque lodata ed in vari Stati imitata».
Un aspetto fondamentale
Nel Regno delle Due Sicilie non circolavano banconote, ossia carta moneta emessa da una Banca Centrale privata (come avveniva già all'epoca nel Regno di Piemonte, gravato da debiti e sull'orlo della bancarotta).
A differenza di molti altri Stati, il sistema monetario borbonico si basava esclusivamente su monete metalliche dotate di valore intrinseco. Il loro conio e la loro emissione erano curati esclusivamente dalla Reale Zecca dello Stato borbonico, garantendo così il controllo diretto della sovranità monetaria da parte del Regno.
Questa scelta impediva la creazione di debito attraverso l’emissione di carta moneta non garantita da riserve reali, fenomeno che invece caratterizzava il sistema finanziario di altri Paesi europei, con gravi conseguenze per la loro stabilità economica.
Fonti:
Il sistema monetario del Regno delle Due Sicilie fu uniformato con la legge del 20 aprile 1818 n. 1176, emanata da Ferdinando I di Borbone. Questa legge introdusse un sistema decimale basato sul monometallismo argenteo, eliminando il rapporto legale di cambio tra le monete coniate in oro, argento e rame. GdN online
L'unità monetaria era il ducato d'argento, del peso di 22,943 grammi con un titolo di 833,33 millesimi, suddiviso in 100 grana. Log in or sign up to view+2Wikipedia, l'enciclopedia libera+2Instagram+2
Lodovico Bianchini, nella sua opera Della storia delle finanze del Regno di Napoli, elogiò questa riforma come una delle migliori leggi monetarie dell'epoca, lodata e imitata in vari Stati europei. Antica Biblioteca Corigliano Rossano+2Google Books+2Google Books+2
È importante notare che nel Regno delle Due Sicilie non circolavano banconote emesse da banche centrali private. La moneta in circolazione era costituita esclusivamente da monete metalliche con valore intrinseco, coniate e emesse dalla Reale Zecca dello Stato borbonico.
Questo sistema assicurava una solida sovranità monetaria e una stabilità economica, evitando l'indebitamento associato all'emissione di carta moneta non garantita da riserve reali, fenomeno presente in altri Stati europei dell'epoca.