l giurista Stefano Rodotà, scomparso nel 2017, ci raccontò che nel 1948 la Costituzione italiana riuscì a rinnovare e rinforzare il senso di libertà e uguaglianza, ponendo le basi per una convivenza democratica e pacifica. Essa metteva al centro lo sviluppo e il rispetto di ogni singola persona, vista nella sua completa pienezza dei valori, dei bisogni materiali e spirituali: in sintesi, caratterizzava nel profondo la sua dignità e la collocava nella dimensione delle relazioni sociali ed economiche, tra cui il lavoro.
Il lavoro divenne elemento fondante della Repubblica (art. 1), un diritto inviolabile (art. 2), da non negare e riconoscere a tutti i cittadini secondo le capacità e le scelte, permettendo loro di partecipare attivamente al progresso della società (art. 4); un lavoro da tutelare. Nel 1948, con la Costituzione italiana, fu rinnovato e rinforzato il senso di libertà e uguaglianza, per porre le basi della convivenza democratica e orientare nei futuri mutamenti della realtà, mettendo al centro lo sviluppo e il rispetto di ogni singola persona umana, concepita nella pienezza dei suoi valori e bisogni materiali o spirituali: per caratterizzarla nel profondo (dignità) e collocarla nella dimensione delle relazioni sociali ed economiche (lavoro), spiegava il giurista Stefano Rodotà.
Al lavoro venne attribuito rilievo fondante della Repubblica, diritto inviolabile, da riconoscere e concedere a tutti i cittadini, secondo le proprie capacità e scelte, per consentire loro di partecipare al progresso della comunità, ne sostiene e tutela le varie forme e applicazioni, retribuito in modo proporzionato alla quantità e qualità al fine di assicurare un’esistenza libera e dignitosa, senza distinzione di genere e nella tutela degli inabili o dei disoccupati involontari. Il costituzionalista Valerio Onida puntualizza che si respirava la consapevolezza che i lavoratori partivano da condizioni storiche di svantaggio e nei loro confronti con maggiore forza si poneva l’esigenza di realizzare l’uguaglianza.
Qualunque attività o funzione, manuale, intellettuale, creativa, culturale, artistica, domestica, contemplativa, socialmente utile, il lavoro inteso in generale come vocazione ed elevazione della personalità.
Oliviero Zuccarini (repubblicano), portò avanti una proposta che intendeva assegnare a ciascun cittadino una quota minima di reddito affinché potesse operare liberamente, in posizione di partenza uguale agli altri. Si intendeva assicurare a tutti non solo l’esistenza, la possibilità di vivere, ma anche di svolgere il lavoro o l'attività che vogliono in piena indipendenza. Si attendeva un risultato che avrebbe soddisfatto le esigenze di libertà e quelle di una attiva e intensa produzione.
Si scelse di dare al legislatore il compito di attivare, con strumenti concreti e misure idonee, il favorire il pieno impiego o elevati livelli occupazionali, ma tale obiettivo è sempre stato disatteso, tra scarsa pianificazione politica e manchevoli azioni economiche. Non noi, semplici cittadini, ma costituzionalisti come Costantino Mortati e Temistocle Martines, hanno mostrato che l'incapacità dei pubblici poteri di attuare il diritto al lavoro, si può configurare un risarcimento ai tutti cittadini per il mancato procurato lavoro, sancito dalla nostra costituzione, anche attraverso una sanzione da farsi valere con il voto di sfiducia, lo scioglimento delle camere e la mancata rielezione dei parlamentari rei e incapaci di attuare misure volute, auspicate e pretese dalla nostra costituzione. Un patto non rispettato, un contratto disatteso.
Nel nostro paese il lavoro, nelle mani di un mercato falsato, è stato svenduto e avvilito, divenendo instabile, precario, sfruttato, servile e sottopagato. Questa situazione, studiata alla perfezione, tradendo i mandati che la costituzione affidava ai nostri legislatori, ha generato impressionanti diseguaglianze. Oggi solo il 5% delle famiglie più ricche possiede più della metà della ricchezza totale, che si è accumulata grazie ai sproporzionati guadagni accumulati dall'introduzione nel mercato di merci prodotte da una manodopera sottopagata; questo plusvalore si è accumulato nel capitale, senza una corrispettiva redistribuzione in termini di aumenti occupazionali o salariali. Tutto questo è stato aiutato da leggi vigliacche che favorivano i padroni. 18,7 milioni di dipendenti privati hanno una retribuzione media lorda di € 27.000, con rischio di indigenza o esclusione sociale per 1 su 4. 6,7 milioni sono alla ricerca di un lavoro sufficientemente remunerato al fine di migliorare la vita della propria famiglia, ma tale pretesa viene respinta perché chiede di essere pagato in modo adeguato. Quasi 3 milioni mostrano un disagio lavorativo, aziende tossiche, niente meritocrazia, arroganze gerarchiche o padronali sono causa di stress e malattie nervose. 3 milioni di occupati irregolari, 2 milioni di disoccupati che diventeranno 4 milioni tra pochi anni a causa delle sostituzioni robotiche; si contano circa 8 milioni di inattivi, con molti che smettono di cercare lavoro. La povertà assoluta colpisce 5,6 milioni di individui, quella relativa 8,6 milioni, con 6 casi su 10 ereditati e occorrono 5 generazioni per uscirne (Fonti: Istat, Caritas, Censis, Bankitalia, McKinsey). Sono riusciti a fermare l'ascensore sociale che per decenni ha permesso alle nuove generazioni di emanciparsi, studiare e migliorare il tenore di vita che avevano i loro padri. Leggi criminose hanno decimato i presidi che i lavoratori si erano costruiti in difesa dei loro redditi e del loro lavoro. Perdendo questa battaglia, traditi da chi doveva difenderli, ci si è consegnati alla speculazione capitalistica senza più difese. La popolazione che ancora lavora è livellata verso il basso, con crescenti difficoltà che impediscono lo sviluppo della persona, sono gli enormi ostacoli, causati dai nostri legislatori, da rimuovere come cita l'art. 3 della nostra costituzione e al fine della ricerca di una degna e autonoma esistenza. La soluzione si trova nel concedere un reddito erogato dallo stato, individuale e incondizionato, per tutti. Soluzione per la tutela costituzionale ad avere assicurati mezzi adeguati per le esigenze della vita come recita l'art. 38 della nostra Costituzione. Così come avvenne, per via legislativa, nel 1978 con l’istituzione della sanità universale, che garantiva incondizionatamente cure gratuite a tutti e non solo agli indigenti, quale fondamentale diritto alla dignità di ogni individuo, come recita l'art. 32 della carta costituzionale. I sociologi Walter Korpi e Joakim Palme ci spiegano che i sistemi universali di welfare sono maggiormente efficaci e superiori nei risultati rispetto a quelli selettivi. La guerra contro la povertà la vinci solo ridistribuendo la ricchezza. Essa può avverarsi solo in due modi: o attraverso la via legislativa o in modalità violenta. Certamente tutti auspichiamo la strada legislativa che non ammetterà deroghe e rimandi, si deve attuare subito. Dicono sgomenti i più sprovveduti: dove si trovano i soldi per coprire questo esborso? Ricchezza ne troviamo a palate per il reddito universale, ce n’è in quantità inimmaginabile. Tassiamo i ricchi. Le Università Sant’Anna e Bicocca hanno mostrato, in uno studio congiunto, che i cittadini più ricchi, il 5%, pagano un’aliquota fiscale insignificante rispetto al resto dei contribuenti. Sono i lavoratori dipendenti quelli che pagano le maggiori imposte, seguiti dagli autonomi e dai pensionati. Sistema chiaramente anticostituzionale perché difforme e lontanissimo dai criteri di progressività stabiliti dalla Costituzione nell'art. 53. Le “economie” per coprire la massa di denaro che occorre si trovano tassando gli extra-profitti da inflazione, le industrie inquinanti e tassando adeguatamente chi usa il nostro suolo, le coste e i beni, chi “ci ruba” dati giornalmente; € 80 miliardi vale l'evasione fiscale, sempre più incoraggiata, € 237 miliardi viene valutata il giro d'affari della corruzione, fermando gli sprechi della pubblica amministrazione che valgono € 180 miliardi. La Costituzione ci dice che tutti dobbiamo concorrere alle spese pubbliche in ragione della nostra capacità contributiva; se le funzioni pubbliche adempiono ai loro compiti con disciplina e onore; se i pubblici uffici assicurano l’imparzialità dell’amministrazione e il suo buon funzionamento; se ridistribuiamo i miliardi che spendiamo per finanziare le guerre degli altri, anche perché, il nostro paese ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Un reddito garantito vi permette di scegliere un lavoro buono o un’attività indipendente, senza ricatti e costrizioni. Un reddito garantito rende liberi e aumenta l'apprezzamento per la vita, la felicità. Questo è statisticamente provato. Si deve accettare una persona soltanto perché è un essere umano, vale in quanto tale. “Importante è l’individuo: all’origine ha una propria personale dimensione di creatività che riceve spinte e controspinte dalle altre personalità che gli vivono intorno; cioè è un nucleo che, posto in circolo con altri elementi simili ma non uguali, produce atti di intelligenza superiore” (Dario Fo). (Da un articolo di Saverio Pipitone pubblicato nel Blog di Beppe Grilli)