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Proposta di legge sulla limitazione dei benefici economici per gli amministratori pubblici eletti

2024-07-10 16:08

Vincenzo Fiore

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Proposta di legge sulla limitazione dei benefici economici per gli amministratori pubblici eletti

Proposta di legge sulla limitazione dei benefici economici per i funzionari pubbliciArt. 1 - I benefici economici dei deputati, senatori, consiglieri

Proposta di legge di iniziativa popolare sulla limitazione dei benefici economici per gli amministratori pubblici eletti.

 

Art. 1 - I benefici economici dei deputati, senatori, consiglieri regionali e comunali non dovranno mai superare il reddito medio annuo netto di un professore universitario a contratto.

Art. 2 - I trattamenti pensionistici e le liquidazioni di fine servizio saranno regolamentati ed equiparati a quelli dei cittadini inquadrati con contratti dei professori universitari a contratto. Gli anni dedicati alla politica saranno conteggiati, ai fini pensionistici, secondo le stesse regole che vigono per tutti i cittadini di questo paese.

Art. 3 - Con l'approvazione di questa legge, vengono annullate tutte le regole scritte nei regolamenti interni di Camera e Senato, nonché di tutte le strutture di autogoverno, compresi i consigli regionali e comunali, incluse le Regioni a Statuto Speciale.

Art. 4 - Sono abrogate tutte le leggi, i regolamenti e simili che hanno determinato una moltitudine di indennizzi, diarie, sconti e gratuità nei vari servizi pubblici.

Art. 5 - Un mandato elettorale non può essere ripetuto, poiché deve essere inteso come puro servizio pubblico. Se questa volontà è espressa dai cittadini, appellandosi all'art. 1 della Carta Costituzionale, durante l'iter parlamentare della legge e la sua discussione nelle varie commissioni, dovrà essere sempre presente una folta delegazione di cittadini promotori con poteri decisionali.

 

 

In Lombardia

Un blitz che salta all’ultimo momento, a poche ore dal voto in Commissione. (Ma resta il fatto)
Resterà però a imperitura vergogna l’emendamento con cui un folto gruppo di consiglieri regionali della Lombardia – tra cui il forzista Giulio Gallera – ha provato a reintrodurre il trattamento di fine rapporto per gli eletti e a creare per loro una nuova pensione.
Un bonus, solo per restare al TFR, di oltre 30 mila euro ciascuno per ogni legislatura completata. Tutto si sviluppa in poche ore. Alla vigilia della seduta con al voto il bilancio regionale, nella prima Commissione arrivano gli emendamenti dalle varie forze politiche. Il più bizzarro porta la firma di almeno un esponente per ciascun gruppo, a esclusione del Movimento 5 Stelle.
Per Forza Italia c’è l’ex assessore Giulio Gallera, per la Lega Emanuele Monti, per FdI Giacomo Zamperini e per la lista Fontana Giacomo Cosentino Basaglia, uno dei promotori dell’iniziativa. C’è pure il dem Angelo Orsenigo, comunque, a detta del PD, a titolo personale. Tutti (quasi) sembrano d’accordo. Il primo emendamento reintroduce il TFR per i consiglieri: a fine legislatura, chi non viene rieletto ha diritto a “una mensilità dell’indennità di carica lorda (…) per ogni anno di mandato, fino a un massimo complessivo di 10 mensilità”. Calcolatrice alla mano, partendo da un’indennità lorda di oltre 6 mila euro (esclusi bonus, rimborsi e indennità di carica vari), si arriva a 31 mila euro e dispari ogni cinque anni, raddoppiabili per i consiglieri che portano a termine almeno due legislature.
L’emendamento colma poi un altro vuoto. Oggi chi fa il consigliere (carica non prescritta dal medico) non gode dei contributi figurativi per la pensione e la situazione crea dei disagi a chi, facendo politica, lasciando il proprio lavoro per un certo numero di anni. Da qui la proposta di tassare i consiglieri e creare una “indennità differita previdenziale” a partire dal 65esimo anno di età. Tutto ciò per un costo che, solo per il TFR, viene quantificato in oltre 500 mila euro l’anno per la Regione.
Quando l’emendamento è già depositato, persino la destra si agita. Fratelli d’Italia fa capire a Zamperini che non è il caso di procedere e partono trattative con gli altri partiti firmatari. In serata, Gallera e colleghi sconfessano il proprio emendamento: “Abbiamo convenuto che il tema è reale, ma che sia meglio attendere un’indicazione nazionale”, è la versione che arriva sia da destra che dal centrosinistra. I consiglieri spiegano che le altre Regioni sono andate in ordine sparso e che bisogna stabilire regole uguali per tutti. Risposta legittima, ma tardiva: fino a poche ore prima, queste remore non esistevano. Al loro posto, una valanga di firme incuranti del possibile effetto mediatico (dal Fatto Quotidiano).

 

L’ultimo esempio in Sardegna

Con un voto unanime, che va dal PD al M5S passando per FdI, il consiglio regionale guidato dal segretario regionale dem Piero Comandini ha approvato (40 voti a favore, 20 onorevoli assenti compreso il presidente dell’assemblea e la presidente della giunta) una legge che aumenta i contributi destinati all’attività e al personale dei gruppi in una fase in cui la sanità pubblica boccheggia. La legge passa in aula con imbarazzanti criteri d’urgenza ed è riferita nel titolo alla “razionalizzazione e al contenimento della spesa per il funzionamento degli organi statutari”, un titolo che maschera la reale natura del provvedimento. Perché numeri alla mano la spesa cresce seppure non di molto e la legge annuncia l’ennesima regalia destinata ai partiti rappresentati in assemblea, che, dimenticate le novanta condanne per peculato legate all’uso illegale dei fondi dei gruppi, potranno contare su un impianto normativo più articolato e solido, ancorato a due leggi del 2014 e del 2006.
Imbarazzante constatare come sulle spese dei gruppi politici le distanze politiche si annullino: alla votazione su questa norma proposta dal centrodestra, il primo firmatario è l’ex assessore Gianni Chessa, hanno alzato la mano a favore Antonello Peru, indagato per corruzione, come l’attuale assessora dei 5S Desirè Manca, il dem Luca Pizzuto e l’ex sindaco di Cagliari Paolo Truzzu (FdI). Qualche cifra, per esempio, secondo la documentatissima segnalazione del docente ed ex assessore regionale Paolo Maninchedda: gli aumenti destinati al personale porteranno nelle casse del gruppo PD, composto da dieci onorevoli, un contributo di 30.460 euro al mese, che fanno 304.600 euro l’anno. Non è finita: grazie alla legge estiva appena votata ci saranno 5.000 euro una tantum moltiplicati per il numero di consiglieri di ciascun gruppo: al PD andranno quindi 50 mila euro, per un bilancio annuale che supera il milione.
Fin qui la parte finanziaria, quella normativa è ancora più generosa: il datore di lavoro di chi verrà assunto nei gruppi non sarà il presidente del Consiglio, come accadeva prima, ma il capogruppo. La ragione? I fortunati potranno lavorare senza alcun controllo e soprattutto, nel caso di una vertenza di lavoro, la controparte non sarà il Consiglio ma una sua articolazione interna. Come dire: legge regionale, soldi pubblici ma gestione privatistica. Ancora: per reclutare il personale non è prevista alcuna selezione pubblica, i gruppi (quindi i partiti) potranno assumere chi vogliono e retribuire i dipendenti con stipendi pubblici, dal 2 luglio aumentati fino a 3.000 euro al mese. C’è infine la trovata della legge di luglio, che lascia sbigottiti: assunti senza concorso e pagati coi soldi dei contribuenti, i dipendenti dei gruppi non avranno alcun obbligo di presentarsi in ufficio perché potranno accedere al lavoro agile senza chiedere il permesso, senza alcun limite di giorni e orari ma soprattutto senza alcuna necessità di rispettare una qualsiasi forma contrattuale pubblica. (Ajò)
Quella che si va a costituire sarà una comfort zone della sottopolitica.
Tutto qua? Ma quando mai: con gli ospedali al collasso e i servizi sanitari prossimi all’implosione i dirigenti dell’ASL 2 Gallura non hanno rinunciato ad accreditarsi un bonus di risultato pari al venti per cento della retribuzione. Sono il direttore generale Marcello Acciaro, il direttore sanitario Raffaele De Fazio e il direttore amministrativo Michele Baffigo. Per ora incasseranno, in base alla legge, il 70 per cento della somma, il resto arriverà dopo la valutazione complessiva dei risultati ottenuti.
Ora si attende di conoscere la posizione del nuovo presidente dell'Ares, che governa tutte le ASL, Giuseppe Pintor. (dal Fatto Quotidiano).